Reportage EllePì – Quel che resta del lavoro – capitolo 5 – “La paga globale”
Prima di prendersi qualche giorno di ferie, Fabio si è ritagliato del tempo per raccontarci il dietro le quinte che ha portato all’esposto del 2018. “Le vertenze, gli scioperi per le condizioni di lavoro, contro il caporalato o per stipulare accordi come quello sulla legalità e la trasparenza, nel 2005, quando in tutto quel casino temevamo infiltrazioni mafiose… queste cose qui ci sono sempre state, soprattutto a partire dagli anni Novanta. Non c’è stato anno che non abbiamo raccolto testimonianze dei lavoratori, che non abbiamo denunciato. Ma poi è dalla ripartenza dopo la crisi, quando sfruttando anche la loro paura di perdere il lavoro dopo la cassa integrazione hanno trasformato tanti operai diretti in impiegati, quando cioè si sono detti che conveniva di più appaltare tutto, è a partire da quegli anni lì insomma che sono partite centinaia di cause, individuali e collettive, di lavoratori in appalto che hanno superato il timore di perdere il lavoro per denunciare gli abusi e recuperare i crediti non corrisposti.” Fabio stampa un paio di sentenze del tribunale di Venezia, cancellando con un tratto di penna i nomi degli operai che hanno intentato le cause: “Negli ultimi anni sono cominciate ad arrivare le sentenze, con il riconoscimento dei diritti che erano stati negati a questi lavoratori: mensilità, straordinari, tredicesime, ferie, TFR… Il processo che c’è oggi non è partito per caso, è la coda di una serie di denunce che c’erano già”.
È proprio in “quegli anni lì” che Fabio in accordo con la FIOM decide di ritornare “in trincea” fino al 2018, perché, sottolinea, il sindacalista è come una sentinella. Il piano di Fabio è ottenere un part-time per fare la spola tra il cantiere navale e l’ufficio del sindacato, l’obiettivo è quello di avere un controllo diretto sulla situazione e ricostruire i rapporti con i lavoratori: gli iscritti alla FIOM continuano a calare e ormai sono sempre di più gli operai – soprattutto bangladesi – assunti da ditte in appalto o subappalto che si rivolgono al sindacato o direttamente a Fabio, per denunciare ore o addirittura mensilità non pagate. Fabio è un volto familiare per gli operai che lavorano in cantiere, sanno anche che oltre a essere rappresentante sindacale è segretario; raccoglie richieste di assistenza mentre è in reparto, in pausa alle macchinette del caffè, in coda fuori dai bagni.
“Funziona così: arriva un lavoratore che dice che sono due mesi che non è pagato e avanza soldi. Da quanto tempo lavori? Mi porti il contratto? Ti do il foglio e mi scrivi tutte le ore che facevi? E cominci a fare verifiche e conteggi per vedere quello che viene fuori”. E quello che viene fuori è il sistema retributivo della paga globale: “Ma quante ore facevi? Tutti i giorni 10 ore. Che turno facevi? Sempre di notte. Lavoravi sempre di notte? Cioè te hai fatto 3 anni sempre di notte? Sì, sempre di notte. Guardi la busta paga e vedi che i turni di notte non venivano pagati e aveva diritto ad avere una maggiorazione del 30%. Cominci a prendere uno, due anni e vedi che mancano ore... poi le ore in più vanno pagate al 50%, perché erano di sabato, facciamo applicare il 30% di notte, facciamo applicare l’elemento perequativo perché non avendo altri premi ne ha diritto. Te la faccio breve: i lavoratori, quando sono partite le denunce e sono arrivati a processo, hanno cominciato a capire che le cause che facevano non erano più solo per i 3.000 euro dei due mesi non pagati, ma che con la paga globale i soldi che gli dovevano erano 20.000, 22.000 euro”.
Nel cantiere navale Fincantieri di Porto Marghera convivono due forme retributive: la prima è la paga sindacale stabilita dal CCNL, e interessa i dipendenti diretti e poche altre ditte in appalto. La seconda è la cosiddetta paga globale, il sistema illegale utilizzato dall’80-90% delle aziende in appalto che prevede salari bassi, molto spesso al di sotto dei 7 euro l’ora, ed evasione fiscale e contributiva. Il sistema, aggirando la normativa dei contratti collettivi, permette lo sfruttamento della forza lavoro attraverso l’uso di una paga oraria forfettizzata che ingloba ferie, permessi, malattie, TFR, tredicesima e infortuni. Il lavoratore si trova quindi privato di questi istituti, così come non gli vengono riconosciute né le maggiorazioni per straordinari, ore notturne o giorni festivi, né la retribuzione per giorni di malattia, infortunio, ferie o permessi. Per coprire poi gli istituti salariali non riconosciuti nelle buste paga le aziende ricorrono a voci fittizie come trasferte, erogazione di tredicesime o TFR. Ma la condizione del lavoratore è aggravata anche nell’aspetto contributivo: “un lavoratore con paga globale ha per ogni anno minimo un mese di contributi in meno. Un mese di contributi in meno dopo 10 anni sono 10 mesi. Se poi consideriamo che ogni mese tra una cosa e l’altra viene tolta anche una settimana di lavoro vuol dire che si aggiungono anche 2 anni ogni 10. Significa che dopo che ho lavorato 40 anni scopro che me ne mancano ancora 8”.
Intanto i lavoratori si trovano in una zona oscura, precipitati in un buco nero da cui non riescono a rivendicare i loro diritti, sotto pressione e minacciati di perdere il posto di lavoro, perché di nazionalità straniera e quindi più vulnerabili. Anche per questo Fabio ci ricorda che la legge Bossi-Fini dovrebbe essere rivista al più presto, perché con i suoi vincoli contribuisce a mettere il lavoratore nelle condizioni di essere posto sotto ricatto dal proprio datore di lavoro. Il processo è iniziato, e ora sarà compito della giustizia stabilire colpe e responsabilità. Fincantieri, che nel frattempo si è costituita parte civile, poteva non sapere? Ha avuto un ruolo in tutto questo? Secondo l’accusa e il sindacato sì, perché pur eludendo responsabilità dirette sui lavoratori in appalto invocando l’autonomia giuridica delle aziende che operano all’interno del suo cantiere, gli interessi ottenuti da questo sistema sono enormi.
Quando esco in via Ca’ Marcello è un pomeriggio estivo come tanti. Sulla strada che porta verso la stazione dei treni cerco l’ombra delle palazzine; un passo dopo l’altro la pelle diventa umida, i pantaloni si attaccano alle cosce, le spalle si curvano un po’. L’umidità copre anche il sole e la luce è insopportabile, è così bianca che bisogna strizzare le palpebre. Come se la staranno passando ora dentro quella nave? E come se la passeranno tra qualche mese i facoltosi turisti che su quella stessa nave, addobbata e sfarzosa, ci saliranno per farsi un giro del Mediterraneo? In Gomorra Roberto Saviano ha dedicato alcune pagine alle fabbriche tessili che nel napoletano lavorano per i marchi della grande moda Made in Italy, facendo emergere il nesso che lega tra loro lavoro sfruttato e lusso, mancanza di diritti e privilegi, “stipendi infimi” ed eccellenza: due facce della stessa medaglia, che si completano solo all’apparenza in maniera paradossale. Perché è così che si tengono gli estremi secondo le leggi del capitale, che con un gioco di prestigio nasconde lo sfruttamento con una mano mentre esibisce il godimento con l’altra. “Tutte le merci hanno origine oscura. È la legge del capitalismo. Ma osservare il buco, tenerlo davanti insomma, dà una sensazione strana. Una pesantezza ansiosa. Come avere la verità sullo stomaco”. È una sensazione simile a quella che sento ora, mentre guardo scivolare dal finestrino del treno il profilo della nave in costruzione nel cantiere di Porto Marghera.
Il funzionamento del sistema della paga globale, un meccanismo salariale che spesso sintetizza e nasconde una realtà complessa di lavoro frammentato, precarietà e sfruttamento, particolarmente evidente nei contesti industriali di Porto Marghera.
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Federico Rigamonti (1990) è assegnista presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari a Venezia. Dopo un dottorato di ricerca in letteratura comparata ha frequentato la scuola Jack London. Questo è il suo primo reportage.
Sofia Gastaldo (Padova, 2003) è una fotografa e filmmaker. Nel 2024 si diploma alla scuola di letteratura e fotografia Jack London e viene selezionata per lo Speciale Diciottoventicinque a Fotografia Europea con il progetto “Sibyllae”. Attualmente sta conseguendo la laurea triennale in Scienze Sociologiche presso l’università di Padova. E’ co-fondatrice del collettivo di artisti e curatori “Shapeless Gallery”.