Incontri EllePì – La cultura che crea senso
LA CULTURA CHE CREA SENSO
PERCHÉ È IMPORTANTE IL PENSIERO CRITICO?
Venerdì 7 aprile si è svolto il secondo appuntamento annuale con Incontri EllePì presso la TIMFactory di Via delle Conce. Un appuntamento dedicato al tema della cultura come strumento di pensiero critico, leva indispensabile per produrre riflessione consapevole sulla realtà, affinché la comprensione del mondo sia una pratica attiva di libertà e non un processo passivo di accettazione che conduce ai populismi o alla ricerca messianica del leader. Un impegno da sempre intrecciato all’attività della Fondazione e che oggi, più che mai, ha bisogno di essere rilanciato per ricostruire il senso dell’essere cittadini, riscoprendo una comunità più giusta, più libera e accogliente e trovando i nessi tra i frammenti che quest’epoca dei Big Data e degli Analytics ci propone.
A discutere del tema
Marcello Di Paola Ricercatore presso il Center for Ethics and Global Politics della Università LUISS Guido Carli dove insegna Filosofia politica e Sviluppo sostenibile
Ornella Chinotti Managing Director Italy & France Talent Management di CEB – Talent Measurement Solutions, azienda leader nella gestione delle risorse umane e nella formazione aziendale
Roberta Carlini è giornalista e saggista
Marcello Di Paola introduce l’argomento partendo dal concetto di complessità. “Le fonti di complessità sono diverse. L’informazione in questo periodo è sicuramente maggiore rispetto al passato, siamo bombardati, è inoltre molto mediata e multimediale. Le informazioni che ci arrivano oggi sono tecniche, ma devono essere semplificate e filtrate in modo tale che siano leggibili a tutti. Questo panorama determina che ci sono tantissimi modi per utilizzare la comunicazione in modo che la capacità critica venga quantomeno messa in difficoltà”. Ci avviciniamo al concetto di post verità e pensiero critico “La post verità, l’idea che per ciascuno è vero ciò che a lui pare essere tale, e che quindi niente è sbagliato, ha radici antiche e si rispecchia nella figura del sofista. Platone spiega cos’è il pensiero critico, che deriva da crisis, tagliare: il lavoro di critica è prendere la massa indistinta di informazioni, dividerle, categorizzarle e ricomporle seguendone i valori interni. Il problema del sofista con Hume diventa il problema del testimone: se ciò a cui devo credere mi viene detto da un altro, da un testimone, come credo a quello che mi si sta dicendo e perché? Secondo Hume abbiamo dei filtri, possiamo pescare nella nostra esperienza per poter almeno renderci conto se c’è della verosimiglianza. Se mettiamo insieme Platone, Hume e l’
affresco dell’allegoria del buon governo (mostrata dal filosofo durante l’intervento, ndr) viene fuori che la fiducia è possibile perché il dialogo avviene tra persone che sanno ciò di cui stanno parlando”. Ma come si impara il pensiero critico? Non c’è nessuna esperienza teorica che lo insegni, perché è coinvolgimento in una pratica comune. “Per imparare si deve andare a lavorare, imparare i canoni di quel lavoro, con i canoni impari i criteri e i criteri sono il fondamento del pensiero critico.” Che cos’è quindi il pensiero critico? “Avere pensiero critico è figlio di una pratica, se ci si astrae dalla pratica non si perde solo pensiero critico, ma anche la capacità di stupirsi e la curiosità. Pensiero critico non significa capire tutto, significa che ho gli strumenti per capire, ma io devo aver conosciuto gli strumenti di prima mano, essermeli dati. Avere pensiero critico è figlio di una pratica, se ci si astrae dalla pratica non si perde solo pensiero critico, ma anche la capacità di stupirsi e la curiosità”.
Ornella Chinotti, riprende i concetti espressi da Marcello e li rielabora presentandoli nel contesto delle organizzazioni. “Gli executive ci dicono che i cambiamenti sono sempre più frequenti e hanno una natura diversa. La complessità diventa un elemento di costanza all’interno dell’organizzazione: i leader hanno più stakeholder con cui fare i conti, maggiori responsabilità e minori competenze rispetto a prima; devono quindi affidarsi, considerare di ‘fare assieme’. Nelle organizzazioni infatti, anche se molte continuano a funzionare come silos, non si possono più fare le cose da soli”. Le domande che bisogna porsi sono “Che cosa guida la performance organizzativa? Le persone che sono dentro l’azienda sono consapevoli della complessità? Cosa viene definito pensiero critico nell’organizzazione? Tre sono gli elementi che vengono definiti fondamentali:
- Capacità di definire le priorità
- In che modo si usa la conoscenza propria e degli altri per trovare soluzioni a problemi
- Su cosa si base il processo decisionale
In base a una ricerca compiuta su 20000 lavoratori, un lavoratore con un pensiero critico ha una performance sul lavoro maggiore, perché riduce l’errore di almeno il 50% e propone idee che hanno un impatto elevatissimo sul ritorno degli investimenti. Ciò che mi chiedo è quanto le organizzazioni abbiano consapevolezza dell’importanza del pensiero critico. Lo sforzo che le organizzazioni devono fare è ritornare a identificare che in ogni piega dell’organizzazione il pensiero critico diventa strumento di risultato e di performance”.
Nel dibattito interviene anche Roberta Carlini che prende la parola ammettendo di avere una lettura pessimistica della post verità di questo momento storico, perché “in realtà la post verità è nata molto prima di internet: abbiamo assistito alla giustificazione di una guerra, la guerra del Golfo, sulla base di prove portate come vere e che poi si scoperte inesistenti. Ora però questo termine è insistente perché si ha la sensazione che non si può scoprire qual è la verità. Ho una lettura pessimistica della post verità perché per me significa un mondo dopo la speranza di conoscere la verità, o almeno di farsi la propria idea della verità, e lottare per seguire e difendere i propri valori e riuscire a cambiare qualcosa.” La saggista fa poi riferimento al tema delle fake news: “Il giornalismo e la comunicazione sono baluardi e strumenti del pensiero critico. Se un giornalista pubblica fake news c’è e deve esserci anche un effetto reputazione ed è questo aspetto che la tecnologia a mio parere è necessario che sviluppi per metterci al riparo da questi pericoli”.
L’intervento è chiuso da una speranza e un monito “Il pensiero critico è il lievito del cambiamento. Importante è insegnare a navigare non in superficie, un aspetto che deve iniziare sin dall’infanzia e quindi a scuola”.