Blog EllePì – Una “euristica della falsità” per difendersi dalla fake-news
di Giorgio Tintino, Project Leader della Fondazione Lavoroperlapersona
Uno dei temi centrali che sta occupando il dibattito pubblico è, senza dubbio, la volontà di arginare il fenomeno delle cosiddette “bufale”, oggi ribattezzate fake-news. Internet e i social network oggi permettono, molto più agilmente che in passato, una vera e propria riproduzione tecnica delle informazioni, riproduzione amplificata dalla logica della condivisione dei follower e dal “filtro” cucitoci addosso dagli strumenti tecnologici.
Questo filtro, come evidenziato da Eli Pariseir, crea intorno alla nostra comprensione una vera e propria bolla, un micro-mondo informativo in cui ci rinchiudiamo sempre di più, progettato proprio dalla tendenza dei motori di ricerca e dalle meccaniche di ranking social a metterci sotto gli occhi ciò che abbiamo già apprezzato in passato e che quindi, continuerà a confermare, piuttosto che a mettere in dubbio, le nostre convinzioni e i nostri pregiudizi.
In questo panorama, è logico che la lotta alla fake-news in questa epoca di “post-verità” sia una vera e propria battaglia di democrazia, nella quale si gioca la nostra libertà di essere cittadini criticamente attivi e consapevoli.
La domanda, a questo punto, riguarda soprattutto gli strumenti da utilizzare per fronteggiare tale problema, strumenti che devono essere ponderate molto seriamente per evitare che la presunta cura sia peggiore della malattia. A tal proposito, non è una novità che, da più parti, si voglia contrastare il fenomeno delle fake-news “dall’alto”, cioè andando a regolamentare attraverso azioni di controllo governativo la possibilità stessa di creare e diffondere le notizie online, modificando in senso strutturale la produzione, la circolazione e l’accesso alle informazioni digitali.
Una soluzione discutibile ed altamente pericolosa, tanto che lo Special Rapporteur dell’ONU David Kaye ha commentato: «la questione delle fake news ha causato preoccupazioni a livello globale e c’è il rischio che i tentativi di contrastarle conducano a censura, alla soppressione del pensiero critico e ad altri approcci contrari alla normativa sui diritti umani» (1).
Quale può essere, allora, l’antidoto “dal basso” per evitare di cadere nel tranello, pericoloso e limitante, delle “bufale”? Forse sarebbe giunto il tempo di introdurre come pratica di pensiero critico una vera e propria una «euristica della falsità» per proteggerci dalla bolla che i meccanismi di internet e dei social ci stanno cucendo addosso.
Innanzitutto, quindi, comprendere che «la tecnologia non è né buona, né cattiva; ma non è nemmeno neutrale», come affermato dallo storico della tecnologia Melvin Kranzberg (2). Questo significa uscire dalla facile alternativa della demonizzazione o della santificazione di internet e dei social per spingerci ad affrontarli nella loro ineliminabile criticità. Ciò che ci raggiunge non è mai “neutrale”, ma sempre il frutto di un processo di analisi che è già stato compiuto e verso il quale dovremmo assumere un atteggiamento di guardinga diffidenza.
Praticare una euristica della falsità significa, dunque, mettere in questione le informazioni che ci raggiungono con più facilità e che vorremmo risultassero vere. Bisogna spingersi oltre le colonne d’Ercole della verità che ci viene offerta credendola falsa, con lo scopo di guardare criticamente al mondo che ci viene descritto e verificare il mondo per quello che è. Una pratica che deve servire da stimolo per allenare il nostro pensiero critico e metterci nelle condizioni di agenti attivi e non più soggetti passivi della informazione.
Un processo che, a sua volta, deve essere alimentato necessariamente dalla cultura, unico vero anticorpo capace di minare alle fondamenta le nostre convinzioni, decentrandoci dal nostro punto di vista e rompendo la bolla che ci insonorizza dalle idee che non ci piacciono. Un processo, dunque, capace di spezzare la logica dei follower, per ritornare ad essere leader autonomi e critici del nostro pensare.
La cultura è davvero l’elemento essenziale di resistenza nei confronti di chi produce tecnicamente pensiero attraverso internet e che non può essere imbrigliata in nessun modo dall’alto, sia pure a fin di bene. Ma per il bene di chi?
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Bibliografia e Riferimenti
Di Guardo , P. Maggiolini , N. Patrignani (a cura di), Etica e responsabilità sociale delle tecnologie dell’informazione. Vol. 2. Etica ed internet, Franco Angeli, Milano 2010.
Morozov, Internet non salverà il mondo. Perché non dobbiamo credere a chi pensa che la Rete possa risolvere ogni problema, Mondadori, Milano 2014.
Parisier, Il filtro. Quello che internet ci nasconde, Il Saggiatore, Milano 2012.
Ziccardi, Internet, controllo e libertà. Trasparenza, sorveglianza e segreto nell’era tecnologica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015.
(1) Il rapporto Promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression di David Kaye può essere consultato all’indirizzo: http://bit.ly/1Wf5W7V
(2) Una ricognizione sul pensiero di Melvin Kranzberg e le sue 6 leggi della tecnologia può essere consultato all’indirizzo http://bit.ly/2nkjwLN.