FUTUROanteriore – A cinquant’anni dal ’68: un incontro su politica, società ed educazione

È ancora possibile costruire un dialogo tra generazioni che sembrano non saper più comunicare? È possibile uscire dal “rumore a cui questa contemporaneità, sempre più veloce e caotica, sembra condannarci? Ci libereremo dalla trappola che ci spinge a parlare solamente, senza sentire più il bisogno di ascoltare (ed ascoltarci)?

Sono queste alcune delle domande che hanno guidato l’incontro di Venerdì 23 Novembre dal titolo “68: Cinquant’anni dopo” dedicato ad una lettura critica delle sue implicazioni sulla politica, l’educazione e la società e trarne spunti per promuovere il dialogo generativo, possibile e necessario, tra generazioni che ancora oggi faticano ad incontrarsi. L’incontro di venerdì, infatti, si colloca all’interno delle iniziative proposte dal progetto FUTUROanteriore – nella ex Chiesa di san Michele gestita dalla Fondazione Lavoroperlapersona – in cui dare voce al futuro, promuovere il dialogo e il confronto tra generazioni per contribuire, in questo modo, a formare cittadini responsabili.

L’incontro, introdotto dal presidente della Fondazione Gabriele Gabrielli, nasce dalla volontà di interrogarsi di fronte a questa epoca, per molti versi paradossale, segnata proprio da frattura e mancanza di dialogo. Una chiusura accelerata, secondo studi di diverse discipline, dai comportamenti che adottiamo nell’epoca digitale e degli algoritmi che ne indirizzano nascostamente il percorso. Questo nuovo stato di cose, infatti, tende a rinchiuderci all’interno dei ristretti cerchi dei nostri “amici” virtuali, dove viviamo spesso attorcigliati su noi stessi e su chi è come noi, indifferenti a ciò che è dissimile. Sembra di vivere, come scritto recentemente da Michele Ainis, nel regno dell’Uroboro – ossia di quel serpente che si morde la coda formando un cerchio chiuso – il cui prodotto è, con ogni probabilità, una persistente e pericolosa solitudine di massa.

La Fondazione, proprio per questo, ha deciso di dedicare lo spazio FUTURO anteriore alla “cura della parola”, al confronto e dialogo tra le generazioni perché riprenda e si rafforzi riducendo distanza e innescando pratiche di vicinanza e di prossimità. Come nella tradizione della Fondazione, in cui la discussione si articola in diversi linguaggi, l’incontro è stato inframezzato da alcuni spezzoni video che hanno riassunto gli eventi dell’epoca e dai brani eseguiti dalla EllePì Band, composta, per l’occasione, da Silvia Premici al pianoforte e Antonella Ciabattoni alla voce.

Il primo intervento della serata ha avuto come protagonista Luca Alicidocente di Filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia – il quale ha introdotto la sua riflessione sulla politica nel Sessantotto focalizzandosi sul “debito”. La negazione del concetto di debito – rivendicazione probabilmente legittima dei giovani di allora – ha, però, prodotto una società individualizzata, “assoluta” in cui conta solo la dimensione personale della propria emancipazione. Insomma, la ribellione ha avuto come esito una libertà svincolata dall’altro e, per questo, spesso sterile e infeconda. Dell’originario slogan siamo realisti, vogliamo l’impossibile, molto probabilmente ci si è fermati solo alla prima parte: un reale puro, per usare le parole di Lacan, in cui si è preferito impegnarsi nel godimento assoluto, completo e personale dell’oggi, cancellando la visione del domani. Una soggettività forte, dunque, che ha messo in moto quei processi che proprio oggi, forse, trovano il loro compimento: all’indifferenza verso il “noi” si aggiunge l’indifferenza verso gli esiti sociali e politici delle proprie azioni, le quali mirano troppo spesso all’affermazione del nostro “io”.

Il secondo intervento invece ha proposto una lettura delle trasformazioni subite dalla struttura della famiglia. Guidati da Benedetta Polinidocente di Sociologia presso l’Università Politecnica delle Marche – la discussione si è focalizzata sulla mutazione avutasi a partire dal ’68, in cui si affievolisce sempre più il modello familiare “nucleare”, quello composto tradizionalmente da padre, madre e più figli. Una trasformazione passata attraverso una serie di leggi che hanno cambiato l’approccio delle persone nei confronti del loro essere insieme (basti pensare la legge sul divorzio e sull’aborto) ed in cui la famiglia si trasforma in scelta ma, per certi versi, slegata dalla responsabilità della generatività. Prendendo a prestito una riflessione di Recalcati, oggi abbiamo bisogno di recuperare la capacità di ereditare, la quale non si deve costituire semplicemente come “dovere”, ma come riconoscimento di una consegna da accogliere. Per questo, la capacità di ereditare può essere vista come la riconquista del “desiderio dell’altro” al di là del solipsismo che ora separa le generazioni. 

L’ultimo intervento è stato affidato a Mary Angela Pazzidocente di Scienze Umane presso il Liceo di Ripatransone – con una rilettura della Lettera ad una Professoressa di Don Milani. Nel suo stimolante intervento, ci si è concentrati sul come poter recuperare una prospettiva vitale di “educazione”, capace di interpretare la condizione di essere «cittadini della terra». La visione è quella di un bambino ecologico, a più dimensioni, che va educato e formato a tutto tondo, equipaggiato da tre zaini socioculturali specifici: il primo per il viaggio del bambino verso la conoscenza dei territori (sociali e naturali) quotidiani; il secondo è specifico per la ricerca/valorizzazione delle esperienze esistenziali oggi marginalizzate; il terzo zaino specifico per il viaggio nel pianeta della relazione sociale. A questi tre se ne può anche aggiungere un altro, proprio pensando a Don Milani, costruito per un viaggio verso la ricerca e la conoscenza democratica, la quale trasforma la politica nell’arte di «uscire insieme dai problemi».

Ogni riflessione è stata seguita da un vivo e interessante dibattito con il pubblico presente, composto da adulti ma anche da tanti giovani, che ha trasformato così l’iniziativa in un momento di confronto e di approfondimento. Siamo convinti che momenti come questo possono aiutare le generazioni ad uscire dal recinto in cui si sono colpevolmente rinchiuse, alla ricerca di un dialogo che sappia rimettere al centro la dimensione politica, sociale ed educativa del “noi”. Un’idea che la Fondazione Lavoroperlapersona continuerà a promuovere con le iniziative del cartellone educativo e culturale del 2019.

 

 

Playlist dell’iniziativa: Azzurro – A. Celentano | La canzone del Maggio – F. De Andrè | Un’idea – G. Gaber |  While My Guitar Gently Weeps – The Beatles | Epitaph – King Crimson

 

 

 

Autore:
Giorgio Tintino, Dottore di Ricerca in Filosofia e teorie delle scienze umane presso l’Università degli Studi di Macerata e docente in un Liceo del Fermano, è Project Leader della Fondazione Lavoroperlapersona dove ne coordina le attività di ricerca, educazione e promozione culturale. Ha pubblicato nel 2015 per la Collana LAVOROperLAPERSONA Tra Umano e Postumano. Disintegrazione e riscatto della persona. Dalla questione della tecnica alla tecnica come questione.

 

 

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