Blog EllePì – Cambiare passo sulla parità di genere
di Gabriele Gabrielli
Se ne fa un gran parlare, a ogni livello. La necessità di valorizzare la prospettiva di genere nella vita civile e pubblica, nel governo delle imprese e del lavoro, riempie convegni e seminari, dibattiti politici e talk show. Ora anche il dibattito sulla governance di organizzazioni e di futuri governi, almeno a sentire i candidati premier impegnati nelle primarie già svoltesi e quelle che, forse, si svolgeranno. Le differenze di genere pesano davvero tanto. Troppo. A richiamare l’attenzione sul tema, di recente, sono stati alcuni dati di uno studio dell’INPS che ha rappresentato la base informativa sul nostro Paese per l’elaborazione del The Global Gender Gap Report 2012. Riguardo l’occupazione, solo una donna su tre lavora e il gap di genere nelle retribuzioni non ha bisogno di tanti commenti. Ricordiamolo con qualche evidenza.
Tra i dirigenti, il gap retributivo a sfavore delle donne nel 2011 è stato di – 26.570 euro annui, con un picco di quasi 30.000 euro nel settore del credito. Decisamente marcato anche il gap retributivo nelle altre categorie: – 9.077 per i Quadri, – 10.524 per gli Impiegati e – 7.751 per gli Operai. L’indice generale della posizione italiana nel Rapporto Globale nel 2012 è peggiorato. Ora siamo all’80° posto, lo scorso anno eravamo al 74°. Stanno peggio di noi – per limitarci al continente europeo – solo Grecia, Ungheria, Malta e Albania. Il Rapporto esamina il gap tra uomini e donne approfondendo quattro dimensioni complesse, valutando numerosi fattori: la partecipazione economica, l’educazione e il livello di istruzione, la salute e l’emancipazione politica. Curiosando nell’apparato ricchissimo di tabelle del Rapporto si nota che il posizionamento del nostro Paese nel ranking risulta migliore dell’80° posto in tre dimensioni su quattro. Precipitiamo però al 101° posto nell’economic participation and opportunity, a cui contribuiscono proprio i dati del gap retributivo da cui siamo partiti. E qui, cosa ancor più triste, siamo davvero soli, perché peggio di noi c’è solo Malta. E’ interessante ricordare, poi, come l’Index elaborato dal Rapporto continui a mostrare una forte correlazione positiva tra parità di genere e valorizzazione delle donne di un Paese e la sua competitività. Insomma, godono di miglior salute le economie di quei paesi che utilizzano meglio le donne. Allora, anche a voler guardare il tema solo da questa prospettiva, ci sarebbe già materiale sufficiente per invertire rotta. Ne troverebbero beneficio le donne, la società, il Paese e anche le nuove generazioni. C’è davvero da prendere in seria considerazione per questo l’esortazione che Klaus Schwab, Executive Chairman del World Economic Forum, affida alla prefazione del Rapporto 2012. Nello scritto auspica che la ricerca e l’impegno che si sta mettendo in questa direzione possano costituire “… a call to action to transform the pace of change on an issue that is fundamental to the growth and stability of the global economy and society”. Per cambiare davvero passo, però, sarebbe ancor prima necessario riflettere sul pensiero di Mary Wollstonecraft. Un’inglese, donna combattente (anche se molto criticata per alcuni suoi comportamenti) che nella seconda metà del Settecento ha speso gran parte della sua breve vita a rivendicare un diverso posto per le donne nella società. Nell’introdurre il suo A Vindication of the Rights of Woman (Sui diritti delle donne, Rizzoli, Milano, 2010) scrive così, riferendosi alla causa del trattamento inaccettabile riservato alle donne: “…è da attribuire, a parer mio, a un sistema educativo fallace, suggerito da libri sull’argomento scritti da uomini che … hanno guardato a loro come femmine e non come a esseri umani”. Forse bisognerebbe ripartire proprio da qui. Tutto si sistemerebbe e i gap, di qualunque natura, si aggiusterebbero se prima di ogni governance o politica considerassimo – sono ancora parole della Wollstonecraft – “le donne alla stregua di creature umane, poste sulla terra, come gli uomini, per dispiegare le proprie facoltà …”. Bisogna cambiar passo, anche per non far passar il tempo invano.
Profilo dell’autore
Gabriele Gabrielli è Presidente della Fondazione Lavoroperlapersona e docente di Organizzazione e gestione delle risorse umane all’Università LUISS Guido Carli. E’ anche Direttore del programma Executive MBA della Luiss Business School. Formatore e coach, i suoi ambiti di attività riguardano la consulenza e ricerca nel campo dello sviluppo organizzativo, leadership e risorse umane. Tra i suoi volumi più recenti ci sono Post–it per ripensare il lavoro, Franco Angeli, Milano 2012; People management, Franco Angeli, Milano 2010.