Blog EllePì – La comunicazione interculturale
di Maria Rosaria Nava
James A. Banks (2003) scrisse:- “Unity without diversity results in cultural repression and hegemony. Diversity without unity leads to the fracturing of the nation. Diversity and unity should coexist in a delicate balance in democratic, multicultural nations”. Tale affermazione conserva in sé tutte le caratteristiche salienti dei concetti di interculturalità e comunicazione interculturale. Nell’era dell’internazionalizzazione e della globalizzazione, la comunicazione e le relazioni interculturali assumono un’importanza sempre maggiore.
Il fenomeno della glocalizzazione (Robertson 1999), secondo cui il globale ed il locale si possono considerare due facce della stessa medaglia, ha reso il tema dell’integrazione culturale sempre più attuale, imponendo un’inevitabile apertura di mentalità e pensiero e continui contatti con persone culturalmente differenti. É infatti attraverso il confronto con l’altro che riconosciamo noi stessi; è dal dialogo con l’altro che ci immergiamo in un mondo completamente diverso dal nostro ed impariamo ad accettarlo. La comunicazione interculturale si inserisce in questo scenario, divenendo leva strategica per la gestione della diversità, sia su un piano strettamente umano, sia nei rapporti tra stati, nazioni ed organizzazioni. La comunicazione interculturale permette uno scambio, incoraggia il confronto ed il dialogo stimolando la volontà di arricchirsi di elementi sempre nuovi, differenti e innovativi. L’incontro fra culture diverse è comunque fonte di ricchezza per entrambe.
La comunicazione interculturale come settore di ricerca scientifica non si può avvalere di una tradizione particolarmente lunga. Tuttavia, i fenomeni culturali avevano attirato già agli inizi dell’Ottocento l’attenzione di alcune scienze, quali l’antropologia e l’etnologia. La comunicazione interculturale è divenuta, nel corso degli anni, sempre più multidisciplinare, grazie all’integrazione dei contributi di socio-linguistica, semiotica, sociologia, psicologia e management (si veda Hall 1969, Gudykunst and Mody 2002).
Secondo Hofstede (1991, pp. 230-231) ”L’acquisizione delle abilità di comunicazione interculturale passa attraverso tre fasi:consapevolezza, conoscenza e abilità. Tutto comincia con la consapevolezza: il riconoscere che ciascuno porta con sé un particolare software mentale che deriva dal modo in cui è cresciuto, e che coloro che sono cresciuti in altre condizioni hanno, per le stesse ottime ragioni, un diverso software mentale. […]Poi dovrebbe venire la conoscenza: se dobbiamo interagire con altre culture, dobbiamo imparare come sono queste culture, quali sono i loro simboli, i loro eroi, i loro riti […].L’abilità di comunicare tra culture deriva dalla consapevolezza, dalla conoscenza e dall’esperienza personale”.
Stella Ting-Toomey (1999, pp. 39-40) afferma che la comunicazione interculturale è un processo di scambio simbolico fra persone di cultura diversa. La sua finalità è di creare significati condivisi fra individui in una situazione di interazione. L’autrice individua nella capacità di riconoscere il punto di vista e i valori dell’altro il presupposto della comunicazione interculturale.
Anche Bennet (1999) colloca al centro della sua prospettiva di ricerca sulla comunicazione interculturale il ruolo della differenza: –Intercultural communication – communication between people of different cultures – cannot allow the easy assumption of similarity. By definition, cultures are different in their languages, behavior patterns and values. So an attempt to use one’s self as a predictor of shred assumptions and responses to messages is unlikely to work. Because cultures embody such variety in patterns of perception and behavior, approaches to communication in cross-cultural situations guard against inappropriate assumptions of similarity and encourage the consideration of difference. In other words, the intercultural communication approach is difference-based”. (Ib., p. 2)
Scrive Balboni (2004) che i problemi di comunicazione interculturale derivano da modelli di civiltà diversi, uso diverso del linguaggio verbale e non-verbale, uso diverso delle regole socio-pragmatiche, nonché da problematiche legate al concetto di tempo, gerarchia, status e così via…
Nel Rapporto Mondiale dell’Unesco del 2009, si rende nota la “convinzione che anima l’organizzazione stessa circa la necessità e il valore della feconda diversità delle culture del mondo”. Una particolare importanza viene data al concetto di dialogo interculturale le cui condizioni preliminari sono una maggiore conoscenza e consapevolezza dei valori culturali, degli obiettivi condivisi, nonché dello sviluppo di una necessaria competenza interculturale. Dialogo interculturale significa lasciare “esprimere le voci più diverse per non limitare la possibilità di un vero e proprio scambio culturale”. In tal senso, le nuove tendenze dei mass media giocano un duplice ruolo: da una parte, amplificano il suono di queste voci, dall’ altra, traducono a proprio modo la realtà, la complessità e la dinamica della diversità culturale.
La comunicazione interculturale è un processo assai complesso: riconoscere l’ altro-da-sé ed intraprendere un “dialogo con il diverso” non è mai stato facile per l’uomo. Lo è ancora meno nella società odierna, in cui troppo spesso l’altro diviene nemico, estraneo, diverso. La diversità culturale diviene dunque fattore di criticità per i processi comunicativi ma anche di opportunità di crescita per tutti gli attori in gioco. Imparare a comunicare in maniera efficace e proattiva può supportare il processo di condivisione e scambio di valori, tradizioni, credenze creando fra queste un ponte che conduca al confronto ed alla partecipazione attiva fra gli attori della comunicazione.
Un autore anonimo ha scritto che,“Incorporare l’altro, convivere con il suo diverso patrimonio culturale ci rafforza perché il nostro essere è diversità. Sciogliendo il conflitto in un dialogo, questo essere fiorirà in un potenziale più ricco, come un’occasione di crescita,quanto più cercherà se stesso in un diverso da sé. È per questo che mi piace affrontare il nuovo e lo sconosciuto con partecipazione e passione.”
Riferimenti bibliografici
Gudykunst, W. B., and B. Mody (2002), a cura di, Handbook of International and Intercultural Communication. Seconda edizione, Sage. Thousand Oaks, CA.
Balboni P., (2004), Parole comuni culture diverse, guida alla comunicazione interculturale, Marsilio Edizioni, Venezia.
Banks J. A., (2003), Diversity and Citizenship Education: Global Perspectives, Jossey-Bass San Francisco, Ca.
Bennett M., (1998), Basic concepts of intercultural communication: Selected readings. Intercultural Press Yarmouth, ME.
Hall E.T., (1969), Il linguaggio silenzioso, Bompiani, Milano.
Hofstede G., (2004), Cultures and Organizations: software for the mind, Mc Graw Hill, New York.
Robertson R. (1999), Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale, Asterios, Trieste.
Ting-Toomey S., (1999), Communicating across cultures, Guilford Publications, New York.
Profilo dell’autrice
Maria Rosaria Nava è laureata in Lingue per la Comunicazione Internazionale presso la LUMSA, Roma. E’ dottoranda di ricerca in comunicazione, interculturalita’ ed organizzazioni complesse e sta frequentando la scuola di specializzazione per esperti di sviluppo delle risorse umane presso la Scuola Romana di psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Ha conseguito un Master of Arts in Cross-cultural communication for International business presso la Birkbeck, University of London. Ha anche ottenuto la certificazione di “Developer of Intercultural Training Skills”, (Bath, UK). Attualmente si occupa di consulenza linguistica ed è membro di Young SIETAR, The Young Society for Intercultural Education, Training and Research. E’ autrice di “La formazione multiculturale: il caso Bulgari”, in Il magico mosaico dell’intercultura. Teorie, mondi, esperienze, a cura di Spagnuolo G., Angeli, Milano, 2007.