Blog EllePì – La fertilità dell’accoglienza

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di Gabriele Gabrielli

gabrielliNel tempo che viviamo cresce la paura di essere esclusi, di non contare nulla, di uscire dal “giro”. Una paura che crea chiusura, che ci propone l’Altro come minaccia, qualcuno da cui difendersi. Camminiamo con passo incerto, timorosi di chi ci accompagna. Proviamo talvolta un senso di vuoto, mancandoci un lido sicuro dove poter vivere pienamente l’umanità. E’ un sentire diffuso che ci fa scoprire quanto sia generativa l’Accoglienza e fertili le sue molteplici dimensioni. Per queste ragioni la Fondazione Lavoroperlapersona l’ha posta, sin dalla sua nascita, al centro delle riflessioni e delle esperienze dei suoi seminari interdisciplinari. Per superare questo disagio il buon senso suggerirebbe di diventare tutti più operosi nella costruzione di una convivenza più degna dell’umanità e orientata al perseguimento del bene comune.

Sempre il buon senso ci invita ad accogliere e rispettare la diversità che popola il mondo che abitiamo. Perché andarle contro? Perché negarla e offenderla? Nasciamo nella diversità, allora è bene comprenderla per estrarne tutto il valore, altrimenti il rischio è rimanere prigionieri delle molte forme attraverso cui l’individualismo si manifesta. La diversità – posta al centro del primo seminario – diventa così una chiave di lettura potente del nostro vivere, facendosi dono interpretativo che ci libera dalle paure ma, al tempo stesso, proponendosi come un’ardua sfida educativa. Il buon senso, però, ci suggerisce anche altro sull’Accoglienza. Per esempio, di vigilare la relazione tra tecnologia e uomo perché si mantenga buona. L’umanità diventa sempre più intelligente. Anche le “cose” stanno diventando sempre più smart e dotate di maggiori capacità. Numerosi segni di questo tempo ci sollecitano però a stare attenti, invitando a fare un uso sapiente della smartness  nei territori e nell’ambiente, nelle città e nelle imprese. volume

Un invito a risvegliare coscienza critica e a non lasciarci confondere dalle lusinghe del potere della tecnologia (e dai suoi eccessi) che – senza queste accortezze – porterebbero deficit di sapere. E’ un risveglio, comunque, che non può frenare le straordinarie opportunità offerte all’umanità dalla tecnologia e dall’innovazione. Una rinnovata coscienza critica serve piuttosto a vigilare che l’intelligenza con cui riempiamo territori, città e imprese si dissemini a servizio della persona, trovando un limite invalicabile e non negoziabile proprio nel suo rispetto. In questa prospettiva, pensare criticamente diventa occasione per ricordare che c’è un’etica all’esterno di noi, eteronoma, un’etica che non guarda solo al campo dei nostri interessi, ma che ci interroga sulle conseguenze delle nostre azioni nel presente e nel futuro, per le generazioni che verranno dopo noi. L’etica della responsabilità ci aiuta così a rileggere la relazione che abbiamo con la terra, con la natura, con l’ambiente in cui viviamo, che è stato il filo conduttore del secondo seminario sull’accoglienza. La fonte da cui sgorga il buon senso, però, è inesauribile e possiamo attingervi ancora altro. Come queste domande. A cosa serve – e a vantaggio di chi – ridurre e appiattire tutto senza partecipazione, costruendo solo omologazione, pensiero unico e esistenze ai margini? Per quali ragioni dovremmo farci da parte? Con quale coraggio e responsabilità dovremmo consentire la realizzazione di visioni personalistiche, elitarie e non giuste nella politica e nella società, nell’economia e nell’educazione? Non è un buon cammino quello segnato da leader – c’è sempre qualcuno che marcia avanti a noi nei luoghi sociali dove cresciamo: genitori, amministratori delle comunità, imprenditori, educatori e insegnanti, capi e leader di associazioni ecc. – non ispirati da una visione e da un progetto inclusivo. Declinare l’Accoglienza si trasforma così in un accorato invito rivolto a tutti noi come persone, come gruppi, come organizzazioni a prestare attenzione che nei luoghi dove si esprime la politica, nella società, nell’economia e nel lavoro sia coltivata la partecipazione piuttosto che l’accettazione silenziosa di quello che succede. Quell’accettazione, figlia proprio del disorientamento e scoraggiamento di quest’epoca, che ci fa abbassare le spalle rendendoci un po’ tutti “curvi”. Accettazione che è frutto però di un’errata convinzione, ossia che non si possa far niente per cambiare la nostra vita, quella di chi ci sta vicino, quella della società e del paese che abitiamo; che l’economia buona è soltanto un’ideale e che non c’è spazio per costruirne un’altra a misura dell’umanità, che c’è sempre chi vince e chi perde, chi ha lavoro e chi non ce l’ha. Per questo occorre lavorare con decisione per accrescere partecipazione e vita attiva, forgiando luoghi dove far crescere la consapevolezza che possiamo invece riprenderci la vita e quella dignità spesso piegate. Un buon cammino si ha quando si va avanti insieme, espressione di un percorso dove tutti sono compartecipi della costruzione di una società civile che ha come fine lo sviluppo della persona, il preservare, migliorare e restituire beni comuni di generazione in generazione. Declinare l’Accoglienza, per la Fondazione Lavoroperlapersona, significa allora costruire luoghi comunitari, iniziative educative e culturali dove fare esercizio per tenere sveglia la coscienza, trovando energie per cambiare in meglio quello che facciamo, passo dopo passo, consapevoli che non è un compito di qualcun altro ma il nostro. I cambiamenti straordinari di cui siamo testimoni hanno diversi motori. Sono motori culturali, economici, tecnologici e tutti interpellano direttamente la politica, l’economia e il lavoro, i sistemi educativi (le famiglie, le scuole, l’università), i sistemi di governo delle comunità e dei territori, dei paesi e dei sistemi sovranazionali, i cittadini e i gruppi intermedi, gli imprenditori e i manager, ciascuno di noi. Sono questioni che s’incarnano in quest’epoca, storicizzandosi attraverso il cammino di chi vive ora, qui, in questi anni ma che non sono esclusive dell’oggi. Coinvolgono, infatti, ogni generazione. Non sono dunque questioni nuove, si tramandano però libere di formarsi e attualizzarsi in ogni epoca. Ecco farsi avanti con prepotenza, allora, la dimensione della responsabilità che inchioda ogni generazione, ciascuno di noi a dare una risposta concreta su come declinare nella nostra storia questa straordinaria parola che è Accoglienza.

La tesi sviluppata dal terzo Seminario Interdisciplinare sull’Accoglienza proposta dal volume Di generazione in generazione: teorie e pratiche dell’accoglienza in uscita, ruota proprio attorno all’idea che – di generazione in generazione – si formano, si aggiustano e si tramandano teorie e pratiche dell’accoglienza. Dove le prime, le teorie, propongono un quadro concettuale utile a comprendere e interpretare le seconde, le pratiche, ossia le progettualità e i comportamenti che si sviluppano nel tempo e che consentono il vivere sociale e il progresso dell’umanità. All’interno di queste pagine è possibile trovare risorse per approfondire le prime, cioè le teorie, ma anche materiali e narrazioni per visualizzare le seconde, cioè le pratiche, quello che sta accadendo nella realtà e che la teoria può aiutare a illuminare con la sua luce. Perché le idee non possono stare da una parte e la realtà da un’altra. Idee e realtà, riflessione e pratica devono piuttosto dialogare continuamente e alimentarsi reciprocamente. Questo progetto editoriale a più voci riflette e narra l’Accoglienza – nella prospettiva dei legami tra le generazioni – proponendola come tessuto culturale delle sapienze di tutti i tempi; costruzione di forme di cittadinanza e impegno civile che includono e formano alla convivenza, allontanando per questa via la minaccia dei conflitti vecchi e nuovi; strumento di dialogo tra generazioni che si succedono non per trattenere, ma per restituire; categoria per apprendere, conoscere e condividere; motore di dialogo tra persone, generazioni e tecnologia; forma per ridisegnare e ri-generare i luoghi e i territori facendoli diventare esperienze di costruzione di legami. La fertilità dell’Accoglienza, è evidente, chiama in causa prospettive, discipline e ambiti diversi come le religioni e le sapienze, la cittadinanza e i diritti, l’età e l’economia, l’apprendimento e la tecnologia, l’ambiente e il territorio. Ambiti che offrono altresì punti di contatto generativi di connessioni utili per ricercare una visione unitaria. Le pagine di questo nuovo volume della collana LAVOROperLAPERSONA coltivano allora la speranza che quanto propongono possa contribuire a generare passione e impegno per un agire consapevole e responsabile nei luoghi del nostro vivere.

 

Profilo dell’autore

Gabriele Gabrielli è Presidente della Fondazione Lavoroperlapersona e docente di Organizzazione e gestione delle risorse umane all’Università LUISS Guido Carli e all’Università Politecnica delle Marche (sede di San Benedetto del Tronto). Giornalista pubblicista, formatore e coach, i suoi ambiti di attività riguardano la consulenza, ricerca e educazione nel campo dello sviluppo organizzativo, leadership e risorse umane. Tra i suoi volumi più recenti ci sono (con Granelli A.), Territori, città, imprese: smart o accoglienti? (con Profili S.),Organizzazione e gestione delle risorse umane, Isedi, Torino, 2012;  Post–it per ripensare il lavoro, Franco Angeli, Milano 2012; People management, Franco Angeli, Milano 2010.

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